Lapide posta a ricordo di Radio Libertà |
- Sala Biellese 12 marzo 1945
“Soffia il vento, urla la bufera.
Scarpe rotte eppur bisogna andar… a conquistare la nostra primavera…”.
Le note della chitarra di Grifo, al secolo Alfio Re, un operaio filatore
di Miagliano, entra nelle case dei biellesi. Ma la sentono anche a
Milano, Torino, Aosta e Firenze. “Radio Libertà”, dopo uno stop durato
qualche mese, ha ripreso finalmente con regolarità le sue trasmissioni.
E pensare che tutto era iniziato quasi per caso, forse sulla scorta di Radio Londra. Qualcuno, tra l’estate e l’autunno del 1944 aveva già cercato di installare un’emittente radiofonica sul Monte Cerchio. La cosa, però, non aveva funzionato. Così l’imprenditore Filippo Maria Trossi decise di intervenire. Riuscì a procurarsi un apparecchio trasmittente, smontato da un aereo all’aeroporto militare di Cameri e riesce a farlo arrivare al comando partigiano.
E’ Sandro Berruto (Sam), un farmacista inserito della Seconda Brigata Garibaldi, a prende il materiale e a formare la squadra. A lui spetta il compito di capo redattore e radio tecnico, mentre Luigi Galleis (Gibo), un ferroviere di Biella, e il panettiere di Migliano, Giovanni Passaglia (Gamma), saranno i suoi giornalisti.
Pochi giorni per assemblare l’apparecchio e si va in onda. La base: la casa di Roberto Trabbia, tra Callabiana e Pettinengo. Un posto ideale per mandare in onda la prima trasmissione sperimentale. C’è emozione nella voce di Sandro Berruto quando parla al microfono e annuncia, con orgoglio, che partono le trasmissioni di “Radio Libertà”. E quanto lavoro dietro a quei primi minuti nell’etere.
Dal comando generale arrivano le notizie da trasmettere, che sono vagliate e inserite nelle scaletta. E poi, vanno anche tradotte in inglese. Ci sono diversi soldati alleati, che si sono uniti alla Resistenza. Sulla Serra, ad esempio, anche un paio di paracadutisti australiani. Finiti fuori lancio, a parecchia distanza l’uno dall’altro, sono stati aiutati dalla popolazione, fino a quando non si sono uniti ai partigiani. Non mancavano poi le notizie che questi ultimi facevano filtrare alle famiglie, prima di chiudere con i comunicati militari cifrati, a uso dei comandi di divisione e di brigata.
E pensare che tutto era iniziato quasi per caso, forse sulla scorta di Radio Londra. Qualcuno, tra l’estate e l’autunno del 1944 aveva già cercato di installare un’emittente radiofonica sul Monte Cerchio. La cosa, però, non aveva funzionato. Così l’imprenditore Filippo Maria Trossi decise di intervenire. Riuscì a procurarsi un apparecchio trasmittente, smontato da un aereo all’aeroporto militare di Cameri e riesce a farlo arrivare al comando partigiano.
E’ Sandro Berruto (Sam), un farmacista inserito della Seconda Brigata Garibaldi, a prende il materiale e a formare la squadra. A lui spetta il compito di capo redattore e radio tecnico, mentre Luigi Galleis (Gibo), un ferroviere di Biella, e il panettiere di Migliano, Giovanni Passaglia (Gamma), saranno i suoi giornalisti.
Pochi giorni per assemblare l’apparecchio e si va in onda. La base: la casa di Roberto Trabbia, tra Callabiana e Pettinengo. Un posto ideale per mandare in onda la prima trasmissione sperimentale. C’è emozione nella voce di Sandro Berruto quando parla al microfono e annuncia, con orgoglio, che partono le trasmissioni di “Radio Libertà”. E quanto lavoro dietro a quei primi minuti nell’etere.
Dal comando generale arrivano le notizie da trasmettere, che sono vagliate e inserite nelle scaletta. E poi, vanno anche tradotte in inglese. Ci sono diversi soldati alleati, che si sono uniti alla Resistenza. Sulla Serra, ad esempio, anche un paio di paracadutisti australiani. Finiti fuori lancio, a parecchia distanza l’uno dall’altro, sono stati aiutati dalla popolazione, fino a quando non si sono uniti ai partigiani. Non mancavano poi le notizie che questi ultimi facevano filtrare alle famiglie, prima di chiudere con i comunicati militari cifrati, a uso dei comandi di divisione e di brigata.
La sede di Radio Libertà |
Il tenente Schun, comandante della Polizia tedesca, è salito al primo piano di Villa Schneider. Vuole controllare come vanno i lavori di installazione del nuovo apparecchio radiofonico. A breve, infatti, inizieranno le trasmissioni di “Radio Baita”, un po’ per contrastare l’abbozzo dell’emittente della Resistenza e un po’ per cercare di prendere contatto con gli stessi partigiani.
L’idea è stato di Franco Boggio, un ex fascista, espulso dal partito. Si era presentato al comando qualche settimana prima, proponendo la singolare novità, singolare anche per il tipo di informazione che si voleva far passare. Era stato molto convincente, tanto che l’ufficiale tedesco gli aveva concesso in uso una delle stanze del primo piano. Anche un sacerdote, don Giuseppe Vernetti, a capo dell’ufficio amministrativo della Diocesi di Biella, è entrato tra gli organizzatori.
Il tenente Schun, però, non nasconde le sue perplessità, tanto che tutte le volte che entra nella stanza, chi è presente, smette di lavorare. Gli occhi azzurro ghiaccio mettono a disagio chiunque, soprattutto per chi sa cosa succede nei sotterranei della villa, quando l’ufficiale scende per gli interrogatori. Sarà lui, lo ha stabilito fin da subito, a occuparsi di quanto verrà trasmesso. Non vuole lasciare in mano in programmi a un ex fascista.
La sua idea è quella di rivolgersi tanto alla popolazione, che alle truppe partigiane, in modo ambiguo, tanto per iniziare a incuriosirli. Dopo, passerà al passo successivo, ovvero di cercare un accordo diretto con la Resistenza. Ha già ricevuto pressioni in tal senso, dalla borghesia cittadina. E’ stanca di avere tra i piedi i repubblichini. Gli americani sono sempre più vicini e gli affari potrebbero risentirne. Il terrore è per i bombardamenti, in grado di distruggere il polo industriale laniero.
Certo, per il tenente Schun la radio è un modo nuovo, per avere contatti con l’esterno, con la popolazione. Abituato ai proclami affissi sui muri, per lui l’etere è sempre stato un mero mezzo per tenere il contatto tra le truppe, passare, ordini, dare indicazioni sugli spostamenti del nemico, nei campi di battaglia. Per coinvolgere le genti, meglio i manifesti affissi in ogni angolo della città. Come quello che vietava di ospitare, dare viveri e notizie ai prigionieri inglesi e australiani. “Per coloro che non si attengono a tale ordine, è comminata la fucilazione immediata e la distruzione della casa”.
Oppure quello che imponeva il coprifuoco dalle 22,30 alle 5 o ancora quello in cui si portava a conoscenza che: “è stato ristabilito il Comando Germanico in Biella. Il Comandante è a disposizione della popolazione tutti i giorni dalle ore 10 alle 11 nell’Alberto Principe – camera 14 -; il medesimo avverte che gli ordini impartiti fino a oggi rimangono immutati”.
Museo di Villa Schneider a Biella |
Poi, un guasto meccanico, la rottura di una valvola aveva mandato in cristi la piccola emittente. Avevano appena iniziato le trasmissioni, quando l’apparecchio si era spento. E trovare un pezzo di ricambio, in quel lungo inverno del 1944, era impossibile.
Li avevano visti dal lucernario i soldati repubblichini, arrivare sempre più vicini alla casa, diventata il loro rifugio. Da giorni, tra Callabiana e Pettinengo, sono in corso operazioni di rastrellamento. Si cercano i partigiani e non si fanno prigionieri. Chi è sospettato di aver dato loro aiuto, viene fucilato. L’intera popolazione è in pericolo. E questo non che fa che aumentare il rischio della delazione. La minaccia delle torture, poi, fa il resto.
L’abitazione di Roberto Trabbia, immersa tra il verde delle colline, è un buon posto per nascondersi. E questo non è sfuggito ai repubblichini, che gli sono arrivati a ridosso. Solo per caso sono stati deviati altrove. Occorre spostarsi, ma dove? Intanto, l’apparecchio è stato riparato e il 20 febbraio del 1945 riprendono le trasmissioni. E’ in quei giorni, però, che viene deciso di spostare l’apparecchio a Sala Biellese, dove opera un gruppo ben equipaggiato di garibaldini. Un luogo più protetto, da cui “Radio Libertà” può riprendere a far sentire la sua voce.
Il trasferimento non è semplice. Tecnici e giornalisti smontano l’apparecchio, che viene riposto con ogni cura in alcune bisacce, messe poi sul dorso di un mulo.
E si riparte alla grande, cercando di coprire le trasmissioni di “Radio Baita”, per mascherarla e coprirne il segnale. Intanto il gruppo è aumentato. Adesso l’emittente ha un coro, con tanto di maestro di musica, Hans Streicher, un disertore austriaco.
E’ marzo, quando arriva la notizia drammatica del massacro di Salussola. Un gruppo di partigiani viene sorpreso nel sonno e passato per le armi. Il Comitato di liberazione nazionale utilizza “Radio Libertà” per diffondere la notizia e invitare la popolazione allo sciopero generale, le maestranze a chiudere le fabbriche. L’emittente dà fastidio e parte l’ordine di trovarla e distruggerla. Occorre far tacere quella voce, soprattutto in quel frangente storico.
E così, la notte tra il 19 e il 20 aprile del 1945, il nemico stringe il cerchio. E’ la fine di “Radio Libertà”. L’apparecchio viene distrutto, ma pochi giorni dopo le trasmissioni riprenderanno, come la Fenice risorge dalle sue ceneri.
Le trasmissioni, infatti, ripresero sei giorni dopo da Villa
Schneider. Occupata dai partigiani, l’apparecchio usato, per pochi mesi,
da Radio Baita, venne utilizzato per tornare a trasmettere le notizie, e
andarono avanti fino al 16 maggio 1945. La storia di “Radio Libertà” è
presa dal libro “Una scrittura morale antologia di giornali della
Resistenza” di Francesco Omodeo Zonini, e pubblicato dall’Istituto per
la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province
di Biella e Vercelli “Cino Moscatelli”.
Come tutti gli anni, in corrispondenza del 25 Aprile, cerchiamo di trovare qualche storia partigiana che abbia a che fare con la radio. Quest'anno ci siamo imbattuti nella storia di "Radio Libertà" piccola radio partigiana che operò nel biellese tra il 1944 e la fine della guerra nell'aprile dell'anno successivo.. In rete abbiamo trovato due interessanti documenti, uno scritto “Una scrittura morale antologia di giornali della Resistenza” di Francesco Omodeo Zonini, e pubblicato dall’Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli “Cino Moscatelli” e un file audio delle teche RAI con alcune interviste fatte ne 1964 ad alcuni dei protagonisti della vicenda. I documentim in originale sono consultabili utilizzando i seguenti collegamenti:
CREDITS:
http://www.newsbiella.it/leggi-notizia/argomenti/biellese-in-noir/articolo/storie-partigiane-radio-liberta.html
http://www.raiplayradio.it/programmi/lagranderadio/