Gli ingredienti per appassionare il pubblico c’erano tutti: un
dirigibile, una spedizione scientifica al Polo Nord, una perturbazione
imprevista, uno sfortunato incidente e la lotta per la sopravvivenza dei
superstiti aggrappati alla vita nella loro tenda, unico e ultimo
avamposto umano tra le sconfinate distese di ghiacci artici. Eppure, la
vicenda del dirigibile Italia non è stata il frutto fantasioso di
qualche penna appassionata di thriller. Quella del dirigibile Italia è
stata una storia che ha scosso, prima, e appassionato, poi, generazioni
di italiani: non soltanto quelli che, all’inizio del secolo scorso,
toccarono con mano - grazie al lavoro dei giornalisti accorsi
numerosissimi sul posto - l’incertezza sulla sorte dell’equipaggio della
spedizione guidata da Umberto Nobile; ma anche quelli che, nei decenni
successivi, si sono rivolti alla scienza per tentare di dare una
risposta ai tanti interrogativi lasciati aperti dal misterioso
naufragio.
È il 6 maggio del 1928 quando l’Italia, capitanato dal Generale
Nobile, accompagnato dalla nave appoggio Città di Milano, e con a bordo
un equipaggio di 16 uomini tra tecnici e scienziati più la fox terrier
Titina, mascotte della spedizione, raggiunge la baia del Re Ny-Ålesund
nelle Isole Svalbard. Obiettivo della missione, esplorare quante più
regioni sconosciute possibile del continente artico e, soprattutto,
raggiungere il Polo Nord. Dopo una serie di voli preparatori, il 23
maggio il dirigibile parte alla volta del Polo, dove arriverà quasi 20
ore più tardi, il 24 maggio. Qui l’equipaggio si imbatte in una violenta
perturbazione che gli impedisce di scendere sulla superficie
ghiacciata, quindi riparte in direzione della base alle Svalbard ma deve
fare i conti con un progressivo peggioramento delle condizioni
atmosferiche. Dopo 24 ore di volo, il dirigibile si trova immerso in una
nebbia fittissima con vento di burrasca a prua, con ancora metà del
percorso da fare e il ghiaccio che blocca il meccanismo dei timoni.
Alle
10.33 del mattino la poppa dell’Italia e la gondola di comando urtano
il suolo ghiacciato a circa 100 chilometri dalle Isole Svalbard,
sbalzando a terra 10 uomini e lasciandone intrappolati a bordo altri 6.
L’involucro del dirigibile riprende quota e scompare alla vista per non
essere mai più ritrovato, mentre i superstiti vengono portati alla
deriva dai ghiacci verso le Isole Foyn e Broch e si rifugiano in una
tenda ricordata ancora oggi come la “Tenda Rossa”, colorata di rosso con
la fucsina per essere più visibile ai soccorritori. Nonostante per i
soccorsi si mobilitino piloti ed esploratori provenienti da molti Paesi,
trascorrono ben 49 giorni prima che i superstiti vengano individuati e
tratti finalmente in salvo. Il mistero più grande, però, appare fin da
subito quello che avvolge i messaggi di SOS lanciati dai sopravvissuti:
le richieste di aiuto, infatti, non riescono ad arrivare alla nave Città
di Milano ancorata alle Isole Svalbard, ma vengono incredibilmente
captate da un giovane radioamatore russo distante ben 1.900 chilometri
dalla Tenda Rossa.
Lo scorso anno, a 90 anni dall’incidente, uno studio dell’Istituto
Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha ricostruito le
condizioni di meteorologia spaziale (ovvero le condizioni ionosferiche,
di fisica solare e di geomagnetismo) all’epoca del naufragio, per
tentare di dare una spiegazione ai problemi incontrati nelle
comunicazioni radio. Queste enormi difficoltà, e in particolare la
tardiva ricezione dell’SOS lanciato dai superstiti, hanno generato
un’enorme quantità di discussioni e controversie descritte, lungo i
decenni del secolo scorso, in memoriali, articoli di giornale e processi
giudiziari. Bruno Zolesi, ricercatore INGV che si è occupato della
ricerca ci racconta quest’avventura.
Iniziamo a delineare il quadro scientifico… Cosa si intende per meteorologia spaziale?
Con il termine “meteorologia” si intende, in generale, quella scienza
che studia i fenomeni fisici responsabili del tempo atmosferico, quali
la pioggia, il vento, le nubi e le variabili misurabili ad essi legati
come la temperatura, l’umidità e la pressione dell’aria. La meteorologia
spaziale (o space weather), invece, studia e cerca di prevedere quei
fenomeni che avvengono sul Sole, nel vento solare, nella magnetosfera e
nella ionosfera che possano avere effetti sulla vita umana e sui sistemi
tecnologici a terra e nello spazio.
Cos’è invece la ionosfera?
Con il termine ionosfera si indica quella parte dell’atmosfera
terrestre in cui la densità di ioni ed elettroni raggiunge valori
fisicamente rilevanti, cioè tali da influenzarne l’indice di rifrazione e
la riflessione delle radioonde nella banda HF (3MHz-30MHz). Questa
porzione di atmosfera si trova al di sopra dei 50 km dalla superficie
terrestre.
Tornando alla vicenda del dirigibile Italia, in cosa consiste
lo studio con cui l’INGV è riuscito a ricostruire le cause dei ritardi
nei soccorsi ai superstiti?
Si tratta di uno studio pubblicato lo scorso anno con cui, grazie
all’applicazione di modelli geofisici recenti e all’analisi di un’enorme
quantità di osservazioni in zone polari realizzate nel secolo scorso, è
stato possibile confermare alcune ipotesi sulla zona d’ombra intorno
all’apparato trasmittente della Tenda Rossa. Le condizioni perturbate
della ionosfera e della magnetosfera di quel periodo sono servite poi a
formulare altre teorie sulla complessa vicenda delle comunicazioni radio
tra i naufraghi e la nave Città di Milano. Queste ipotesi erano già
state avanzate dagli esperti di radiopropagazione dell’epoca: quello che
mancava, e che ha fornito lo studio dell’INGV, era una conferma
ufficiale che poggiasse sulle evidenze scientifiche non ancora
disponibili all’epoca dei fatti.
Quali sono stati i risultati e che conseguenze hanno avuto sulla ricostruzione dell’incidente?
Le mappe dei parametri di radiopropagazione HF e della minima
distanza raggiunta da una determinata frequenza radio hanno dimostrato
chiaramente che la radiofrequenza di 9.4MHz (ovvero quella utilizzata
dai naufraghi) non poteva, anche in condizioni ionosferiche non
perturbate, essere ascoltata dalla nave appoggio Città di Milano.
Infatti, la zona d’ombra per quella frequenza copriva ampiamente tutta
l’area delle Isole Svalbard, dove era ormeggiata la nave, fino alla
parte più settentrionale dell’Europa. Inoltre, l’analisi di osservazioni
geomagnetiche ottenute all’epoca in zone vicine a quelle polari ha
evidenziato una tempesta magnetica in atto durante i primi giorni del
naufragio. Il peculiare comportamento della ionosfera in zone artiche è
stato invece ricavato dai modelli geofisici elaborati negli ultimi
decenni del secolo scorso. Negli anni Venti, infatti, l’esplorazione, e
quindi anche l’osservazione continua e sistematica della ionosfera
tramite radiosondaggi verticali, era ancora agli esordi. La conoscenza
della zona d’ombra era perciò basata solo sull’esperienza di una grande
quantità di radiocollegamenti eseguiti a media e bassa latitudine da
utenti militari e civili, compresi i radioamatori.
Qual è stato l’aspetto emotivamente più coinvolgente dell’aver dato una risposta a una domanda “irrisolta” da così tanto tempo?
Come abbiamo già detto, le cause geofisiche che hanno generato le
difficoltà di radiocomunicazione nella vicenda della Tenda Rossa erano
ben note agli esperti tecnici della Regia Marina. Questo studio però,
utilizzando dei modelli geofisici recenti e una teoria della
radiopropagazione ionosferica consolidata, ne ha confermato a posteriori
le intuizioni e ha cercato di dare una risposta definitiva a quegli
interrogativi non ancora completamente chiariti fino a un anno fa.
Questo lavoro porta quindi con sé la “soddisfazione” di aver fatto un
uso virtuoso dei modelli ionosferici per “risolvere” un evento storico
importante, più che per predire le condizioni geofisiche del futuro.
Potremmo definirlo come uno studio di paleoionosfera, in aggiunta alle
già esistenti e affascinanti branche del paleomagnetismo e della
paleoclimatologia.
Quanto interesse ha suscitato, all’epoca, la vicenda del dirigibile Italia?
Nel XIX e XX secolo le esplorazioni geografiche suscitavano, per
l’ideale romantico e avventuroso di cui erano investiti i loro
protagonisti, un grandissimo interesse sia tra il pubblico che,
naturalmente, tra gli addetti ai lavori e tra i soci delle Società
Geografiche nazionali principali organizzatrici delle spedizioni. A
questo enorme interesse, paragonabile a quello che si ha oggi per le
spedizioni spaziali, si aggiungeva, nel caso dell’avventura del
dell’Italia, anche la competizione tecnologica tra le macchine volanti e
il fascino che suscitava a quei tempi la pratica del volo. Aspetto
decisamente non secondario era poi quello legato a ciò che oggi
definiremmo “gossip”: infatti, nonostante i risvolti spesso drammatici
di queste spedizioni, i giornali e i memoriali erano puntualmente
popolati di vicende, curiosità, polemiche e misteri esattamente come
quelli che accompagnano ancora oggi ogni grande impresa.
Oggi, a quasi un secolo dal naufragio, potrebbe verificarsi qualcosa di simile?
Beh, direi di no: oggi, grazie ai risultati raggiunti dal progresso
tecnologico, difficilmente si potrebbe verificare un evento simile.
Coloro che si avventurano in zone geografiche estreme come oceani,
deserti o zone polari, ovvero lontano da zone abitate, hanno infatti a
disposizione sistemi di telefonia satellitare portatili che al giorno
d’oggi riescono a coprire anche quelle aree del pianeta. Tuttavia, chi
invece continua a utilizzare le onde radio nella banda HF per i
collegamenti a lunga distanza, ancora preziosa – soprattutto in
situazioni di emergenza – per la sua semplicità d’uso ed economicità,
deve continuare a tener conto della zona d’ombra e della variabilità
dello strato riflettente della ionosfera. Va ricordato, poi, che anche
nel 1928 l’equipaggio del dirigibile Italia aveva previdentemente
pensato a un ulteriore sistema di radiocollegamento: una trasmittente a
onde lunghe, andata però sfortunatamente perduta nel naufragio.
Grafico - Isolinee del bordo della zona d'ombra per
ciascuna radiofrequenza intorno alla Tenda Rossa. La linea rossa
sottolinea l'isolinea della radiofrequenza 9.4MHz, quella utilizzata dai
naufraghi del diribigile Italia
SOURCE & CREDITS: http://www.ingv.it/it/newsletter-ingv-n-3-maggio-2019-anno-xiii/il-naufragio-del-dirigibile-italia-al-polo-nord-dove-finirono-gli-sos
No comments:
Post a Comment