LA RADIOFONIA DI GUERRA E DI RESISTENZA (1927-1945) NEI RICORDI DI RENATO VERTUNNI
Oggi con l’avvento della televisione e di Internet la radiofonia ha certamente perduto il suo primitivo fascino e il suo compito di mezzo sia di informazione che di formazione della pubblica opinione.
Ma dalla sua nascita, attorno al 1925, fino al 1955 ha tenuto banco ed è stata usata dalle varie parti in lizza sia per informare sia per placare le masse.
Il nostro sarà un rapido percorso per informare chi allora non era ancora nato e chi ha vissuto tutta la storia clandestina e palese della radio. Per noi vuol dire tornare giovanissimi e per i primi, ossia per chi non ha vissuto quei duri anni, sarà la scoperta di un mondo nuovo e certe volte ingenuo e rischiosissimo perché poteva, come qualche volta accadde, andarci di mezzo la propria vita.
Gli antifascisti impiegarono fin dall’inizio la radiofonia o meglio, prima ancora, il telegrafo per combattere il fascismo.
La cosa passò inosservata e un certo dottor Pession, direttore generale delle comunicazioni, avvertì Ciano che bisognava vigilare su queste comunicazioni telegrafiche “resistenti” nel Paese. Venne informata di ciò l’Ovra che ovviamente non era preparata a fronteggiare il fenomeno nascente. A questo punto le comunicazioni telegrafiche nel mondo antifascista si fecero più caute e attente.
Fu attorno al 1935 che il regime fascista assunse un vero e proprio controllo della radio sia per quanto riguardava le comunicazioni nazionali che quelle provenienti dall’estero.
Mentre si effettuavano i controlli sulle emissioni radio non ufficiali, l’Eiar sviluppava i suoi programmi: radiocommedie, concerti, riprese radio dal teatro dell’Opera e poi, ricordo, la Radio per le Donne, Radio Rurale, il settore per i ragazzi etc.
In questo ultimo gruppo, la Radio per la Gioventù, io ebbi una partecipazione e fui anche, per poche ore, collaboratore dell’Eiar.
La mia passione per la radio è cresciuta con me. Ricordo che a un anno ascoltavo con la radio a galena le trasmissioni e che, ancora prima, mio padre per farmi dormire mi faceva ascoltare i programmi dell’Araldo Radiofonico con una sorta di filodiffusione che partiva dalla radio di piazza Poli e trasmetteva musica e notizie.
Per questa innata passione per la radio all’età di 7 anni partecipai ad un concorso dal titolo “Chi dorme non piglia pesci”. Lo vinsi e Maria Luisa Boncompagni, allora nella veste di Zia Radio, mi invitò con mia madre a via Asiago in uno studiolo accanto allo studio principale e mi fece parlare alla radio per salutare i miei nonni, che in quel momento erano in navigazione in crociera sul Saturnia da Trieste a Pola. Da quel momento iniziava la mia storia con la radio ma, purtroppo, non la mia anzianità di servizio.
Ma torniamo al 1926 quando Rosselli, che possiamo considerare il vero ideatore e fondatore della Radiofonia Antifascista in Francia, si incontrò con Longo per istituire un fronte unico radiofonico antifascista. Longo non giudicò opportuno affrontare questa spesa che al momento secondo lui non avrebbe dato frutto. Con la guerra di Liberazione in Spagna l’argomento tornò di attualità e Rosselli fece nascere una radio antifascista in Catalogna.
A quei tempi il traffico sulle onde era limitato e questo dava la possibilità anche ad una stazione di non grande potenza di essere ascoltata da lontano.
Ad esempio io con un apparecchio radio in onde corte - circa 30 metri - ricevevo a Roma le emissioni radio di Ciudad de Trujillo.
Le trasmissioni di Rosselli dalla Catalogna venivano disturbate per impedirne l’arrivo in Italia; veniva effettuato un disturbo dalle stazioni dell’Italo Radio che a quei tempi si trovavano presso Frascati.
Nel 1937 le operazioni di disturbo si andavano perfezionando e i fascisti a Roma avevano costituito Radio Verdad, che faceva finta di essere una emittente antifascista con lo scopo di creare confusione. Attraverso questa radio venne annunciata la falsa morte di Randolfo Pacciardi.
Da Radio Aranujez parlavano Nenni e Pacciardi.
Nel 1935 iniziarono le regolari trasmissioni da Londra.
La sigla era il famoso tamburo e lo speaker che diceva “This is London calling” ovvero “qui parla Londra”.
La difesa italiana fascista iniziò il 10 maggio del ’40 quando la Eiar entrò in prima linea con una operazione di informazione di cui erano ispiratori e voci Giovanni Arnaldo, Rino Alessi e Umberto Guglielmotti.
Nacquero i primi divieti per l’ascolto di radio estere e, dal 1940, una spiccata diffidenza verso la Radio Vaticana di cui, ovviamente, non si poteva impedire l’ascolto e che non poteva essere disturbata; analogo atteggiamento fu preso nei confronti della Svizzera e di Radio Monteceneri, che, a quei tempi, si riceveva bene anche a Roma.
Trasmissioni di punta dell’Eiar erano le conversazioni di Mario Appellius.
L’Eiar alternava le rubriche di politica con trasmissioni di svago e lanciava le canzoni di guerra del tipo “La sagra di Giarabub”, “Vincere, Vincere, Vincere” e la famosa “Lili Marleen”, che era destinata a diventare canzone universale per i belligeranti di entrambi i fronti.
L’Inghilterra potenziò le trasmissioni di Radio Londra aggiungendo ai trasmettitori di Londra quelli di Daventry.
In Italia le emittenti clandestine diminuirono anche per il fatto che la presenza di radiogoniometri rendeva l’individuazione più facile.
Rimase la famosa Radio Milano che trasmetteva dalla Spagna e poi dall’Italia.
Nel quadro generale della “guerra delle onde” entrarono i Russi che avevano a Mosca una radio nella sede del Comintern. Si dice che in seguito, per essere maggiormente ascoltata in Italia, Radio Mosca avesse trasferito le trasmissioni a Praga. La voce che dominava da Mosca era quella di Mario Correnti, ossia di Palmiro Togliatti.
Voci, discorsi persuasivi, occulti e palesi, si alternavano nelle orecchie e nei cervelli italiani, creando un vero e proprio teatro della formazione bellica.
Era uno spettacolo radiofonico che agiva nel contesto drammatico della guerra. Spesso gli ascoltatori assidui furono vittime dello zelante capo della polizia fascista dottor Senise che comminava punizioni e condanne di mesi di galera.
A questo proposito riferisco di un caso personale. Mia nonna Ofelia aveva posto l’apparecchio radio, difeso da ampi piumoni, in una stanza che dava su una zona considerata “extraterritoriale” perché abitata da Aurelio Mistruzzi che era incisore in Vaticano. Ciò nonostante una sera, mentre mio padre era in Umbria a dirigere una miniera di lignite, arrivarono le SS, venuti a sapere da una spiata che noi avevamo creato un punto di appoggio per i militari Italiani e gli alleati che dal Nord andavano verso sud e fornivamo loro, oltre che viveri, anche comunicazione dei passaggi speciali di Radio Londra. Erano le 22.00 ed io ero all’ascolto di Radio Londra. All’arrivo delle SS chiusi ovviamente l’apparecchio, ma rimasero sul tavolo sia le mie note che l’apparecchio sintonizzato su Londra. Fummo presi nel cortile con due SS che ci puntavano il parabellum. Io temevo che scoprissero radio e appunti. La fortuna ci arrise e gli uomini delle SS, che, oltre che perfidi e cattivi, erano dei cretini perfetti, non si accorsero di niente; se avessero trovato le prove che erano sul mio tavolino ci avrebbero fatto la pelle e non sarei qui a raccontarvi questa storiella.
Ma torniamo a parlare delle trasmissioni radiofoniche che operavano, diciamo, nel gruppo “alleato”.
Scoprimmo che vi era una radio che doveva presumibilmente trasmettere dalla Francia - si definiva “Radio Tolosa”- e trasmetteva in onda corta, se ben ricordo sui 25 metri.
La trasmissione iniziava con “’O sole mio” e quindi una voce diceva, con la musica in sottofondo, “Qui la Francia parla agli italiani, Radio Tolosa”. Era una sola voce maschile che in tono pacato e corretto leggeva notizie e faceva commenti. Se ben ricordo, andava in onda alle 19,00.
Era una trasmissione seria che dava notizie reali, non era enfatica, come invece, per esempio, era la Voce dell’America. Un solo giorno dopo la caduta del fascismo sparì. Pensai che potesse essere una trasmissione tipo Radio Veridad, creata dal Regime, ma lo escluderei dato il suo carattere antifascista.
Molti anni dopo, nel 1954, la Rai trasmetteva una rubrica dal titolo l’“Italia parla alla Francia” che veniva inviata a Parigi registrata su nastro. Aveva per argomento la ricostruzione italiana e ne era responsabile Antonio Zazzetta, che era stato in Francia nel periodo della guerra. Io stesso collaborai a questa trasmissione e chiesi a Zazzetta se sapesse qualche cosa di Radio Tolosa, ma lui sorvolò sulla mia domanda.
Intanto Radio Londra cresceva, erano arrivati a collaborare i fratelli Treves, Orlando, Limentani ed altri.
Una sera uscendo dalla sede della Rai di via Teulada ebbi occasione di incontrare Orlando, il celebre commentatore venuto dagli Stati Uniti a Roma. lo a quel tempo non essendo né democristiano né socialista – appartenevo al Partito di Azione – per logiche partitiche “venni messo in ghiacciaia” e, colmo dell’ironia, mi venne affidata la messa in onda del Tagschau, un notiziario in lingua tedesca per l’Alto Adige, che allora, nel 1973, partiva da Roma. Io conoscevo poco il tedesco e poi da quella sera lo detestai. La trasmissione in lingua tedesca andava in onda alle 21,00 ed una sera la macchina Rai che mi accompagnava a casa ospitò Orlando; mi presentai e gli raccontai la storiella delle SS che ho riportato sopra e lui commentò: “Certo quando parlavo dal sicuro studio di Londra pensavo a chi mi ascoltava in situazioni rischiose e questo pensiero mi rattristava. Son veramente felice che nel suo caso le cose siano andate bene ma certamente in qualche altro caso alcuni l’avranno pagata cara. Questo è un pensiero che ancora mi turba”.
Passiamo ora alla Voce dell’America, che, ritrasmessa da Radio Londra, iniziò nell’estate del 1942.
Protagonista di queste trasmissioni era il Sindaco di New York, il famoso italo-americano Fiorello La Guardia. Nato a New York nel 1882 era figlio di una ebrea triestina e di un foggiano. Aveva vissuto anche a Trieste e a Fiume. Doveva essere un soggetto di media cultura e, dal mio punto di vista, con una punta di volgarità nell’esprimersi. La sua famosa frase “Prendi un coltello e ficcatelo...” era una frase di pessimo gusto.
Certo la trasmissione Usa e quella del Regno Unito differivano totalmente nello stile: Radio Londra era condotta da persone come Treves, come Orlando, come Calosso nei quali era presente quella nobiltà culturale che distingueva tutti gli uomini di “Giustizia e Libertà” e del Partito di Azione.
L’otto settembre del 1943 Radio Londra annunciò la firma dell’armistizio, che alle 19,43 venne annunciata da Radio Roma attraverso la Rete Eiar anche da Badoglio.
Ma la guerra, anche quella radiofonica, non era finita, anzi potremmo dire che, in quella calda sera dell’8 settembre 1943, iniziava la seconda fase, forse più violenta ed infida della prima.
Badoglio uscì dalla sede dell’Eiar dicendo all’ingegner Chiodelli che da quel momento in poi sia Roma che le sedi periferiche dovevano opporsi alla occupazione tedesca e che se questo si fosse verificato le stazioni dovevano essere messe fuori uso.
In genere fu così ma non per Roma. Infatti quella sera stessa l’ingegner Chiodelli e Casali, direttore della sede di Roma e direttore del giornale radio, lasciarono l’Eiar, e le trasmissioni per qualche giorno non furono mandate in onda; solo per qualche ora la sera dell’8 venne riproposta la registrazione del messaggio di Badoglio, poi silenzio fino all’11 settembre quando il comando tedesco occupò via Asiago.
Nel frattempo il dottor Mazzolini, capo di Gabinetto del Ministero delle Comunicazioni, ordinò al personale radiofonico di mettersi a disposizione del comando tedesco.
I tedeschi quindi occuparono la sede Eiar di via Asiago e di conseguenza i trasmettitori di Monte Mario e Monte Ciocci. Nel frattempo i trasmettitori O.C. di Prato Smeraldo erano stati sabotati e fra quelli che compirono l’opera vi era il giornalista Vero Roberti, che mi raccontò la scena, un’azione rapida che colse di sorpresa i tedeschi che si accingevano all’azione di presidio.
Radio Roma trasmetteva solo musica e qualche notiziario più che altro indicativo per i cittadini della capitale disorientati e confusi. Le vere notizie, ovviamente dirette a fascisti e tedeschi, provenivano da Radio Monaco che aveva organizzato una serie di trasmissioni in lingua italiana e dalla quale il 18 settembre parlò Mussolini annunciando la nascita della Repubblica di Salò. L’emittente di lingua italiana di Monaco era coordinata dai giornalisti Rivelli e Bellotti.
Presto si sentì la necessità di trasferire le trasmissioni da Monaco a Roma, ove un gruppo di giornalisti preparava le trasmissioni del Regime di Salò: in testa Giulio Evola, filosofo e intellettuale vicino alla Repubblica Sociale.
Per le trasmissioni dedicate all’estero e al bacino del Mediterraneo venne istituito un centro trasmissioni a Busto Arsizio. Il gruppo dei giornalisti al servizio radio della Repubblica di Salò da Roma si ampliò: ne fecero parte Umberrto Guglielmotti, Telesio Interlandi, Francesco Scardaoni, Ridolfo Mazzucconi, coordinati da un personaggio noto anche nella politica più recente, ossia Giorgio Almirante.
Nel dicembre del 1943 l’Eiar ebbe una nuova direzione con Ezio Maria Gray nella funzione di super Amministratore Generale e per quanto riguarda la direzione questa venne occupata da Cesare Rivelli che proveniva da Radio Monaco.
Nel quadro della politica della Repubblica di Salò avvenne nel frattempo un mutamento: tutte le attività relative al governo della RSI furono costrette a trasferirsi nel nord Italia; fra queste Cinecittà che si trasformò in Villaggio del Cinema a Venezia e dove nei suoi pochi mesi di esistenza verranno prodotti alcuni film come “Tristi Amori” di Gallone e “La locandiera” di Chiarini, che videro entrambi come protagonista Luisa Ferida, fucilata nel ‘45 a Milano come collaborazionista, con il suo compagno Osvaldo Valenti, anche lui attore, arruolato nella Decima Mas.
Diversi furono gli attori e i protagonisti della radio che si trasferirono, ma molti entrarono nei gruppi partigiani, alcuni rimasero a posto facendo resistenza “passiva”; altri, come Alida Valli, si nascosero nei meandri di Roma.
Radio Roma esercitò la sua funzione di radio al servizio dei tedeschi dall’autunno del ’43 alla primavera del ’44, poi le cose cambiarono nei primi giorni del giugno del ’44.
Ma prima di arrivare alla liberazione di Roma, vediamo cosa successe sul fronte radiofonico antifascista fra l’8 settembre del ’43 e il giugno del ’44.
Sull’episodio che riporto di seguito non si è mai fatto chiarezza, anche se ho interpellato negli anni passati vecchi esperti dei servizi segreti e persone che ricoprirono alti gradi nella Marina e lo stesso giornalista Vero Roberti.
A partire dall’8 settembre e, per circa una settimana ascoltavo sulle O.C. (non ricordo la frequenza) ogni sera verso le 20.00 una voce che, con dizione perfetta, diceva: “Buonasera a tutti gli interessati all’ascolto ora parla ‘Lui’” e ripeteva la frase più volte senza sigle musicali; poi al microfono parlava ‘Lui’, con una voce profonda e senza inflessioni dialettali.
“Lui” faceva discorsi incomprensibili del tipo: “Le navi possono con celerità navigare tranquillamente verso la terra promessa”. Erano chiaramente ordini in codice. A posteriori pensai che forse “Lui” potesse essere l’ammiraglio De Courten che pilotava via radio la nostra flotta a Malta. Ripeto, le mie sono supposizioni, perché anche trent’anni dopo mi furono date spiegazioni vaghe. Dopo l’8 settembre nascono, come ho detto precedentemente, radio antifasciste destinate ad aiutare il movimento di resistenza ed informare gli italiani sulle azioni del movimento partigiano. Sono emittenti che mutano sede e lunghezza d’onda per non farsi localizzare dai nazi-fascisti e messe in piedi da esponenti del Partito d’Azione; tutte sono in collegamento con l’8ª armata alleata con sede a Bari.
Bari è l’unica sede rimasta, di fatto, funzionante ma distaccata dalla rete nazionale che collegava a quei tempi le stazioni radio via cavo.
Le principali emittenti, alcune delle quali hanno storie gloriose, in quei giorni erano:
Radio Sardegna, la quale iniziò le trasmissioni da Bortigali in provincia di Nuoro proprio la sera dell’8 settembre. Nei primi giorni nessuno l’ascoltava perché il trasmettitore non funzionava. Le trasmissioni effettive iniziarono il 14 ottobre del 1943. Direttore era Jader Jacobelli, che allora era ufficiale e che dopo la Liberazione divenne direttore della nuova radio italiana. Ricordo anche Antonello Muroni, poi passato come annunciatore a Roma ed ancora Amerigo Gomez passato come giornalista a Radio Firenze. Ricordo infine Antonello Picciau, allora giovanissimo, che raggiunse Roma al compimento dei 21 anni e a Roma divenne annunciatore e poi giornalista al TG3 e infine corrispondente da Londra. Radio Sardegna, che ospitò come collaboratori Mario Segni e Ortu, fu una radio che sostenne validamente l’ultima fase della guerra di Resistenza.
Radio-CO.RA. (acronimo di COmmissione RAdio), che aveva sede a Firenze in piazza d’Azeglio 12 presso l’avvocato Enrico Bocci, il quale fu ucciso con il capitano Luigi Piccagli il 7 agosto 1944 durante un’irruzione dei nazifascisti in cui venne anche ferito lo studente Luigi Morandi;
Radio Libertà, che si trovava a Case di Trebbia di Callabiana in provincia di Biella e dalla quale Luigi Galleis trasmetteva ogni sera alle 21,00-21,30;
Radio CVL, che in territorio fascista iniziò le trasmissioni il 14 marzo 1944 come radio ufficiale delle forze militari della Resistenza; nell’agosto del 1944 venne occupata dai nazi-fascisti che uccisero il professor Vecchi che ne era il responsabile.
Vita più tranquilla si svolgeva a Radio Bari, dove lavoravano i giornalisti Antonio Piccone Stella, Pio Ambrogetti, Gabriele Baldini e ancora Alba de Céspedes, Ubaldo Lay e Anton Giulio Majano. A Radio Bari troviamo anche Silvio Noto, Diego Calcagno, Vincenzo Talarico, Agostino Degli Spinosa e ancora Foà insieme al fior fiore della cultura antifascista italiana. La sede della radio barese era a Putignano. Prima di lasciare Radio Bari, una radio effettivamente libera e democratica dalla quale parlarono anche i repubblicani Bartoli, Cifarelli e altri, dobbiamo ricordare che fu da Radio Bari la prima volta che Vittorio Emanuele III parlò alla radio;
Radio Napoli, la cui principale trasmissione era la rubrica “Italia combatte”, realizzata in coordinamento con i gruppi partigiani sparsi per l’Italia ove la lotta continuava, contò fra i collaboratori: Mario Soldati, Arnoldo Foà, Steno, Maurizio Barendson, Antonio Ghirelli, Leo Longanesi, Peppino Patroni Griffi ed Edoardo Anton.
Prima di parlare più diffusamente di Radio Roma negli otto mesi di occupazione nazi-fascista desidero ricordare Radio Venezia Giulia, che si occupava dei problemi della zona istriana e che iniziò a trasmettere il 5 dicembre 1945, radio ufficialmente clandestina ma appoggiata dal governo italiano, della potenza di 5 KW. Ne era direttore un intellettuale istriano Antonio Quarantotto Gambini. L’emittente cessò il 1° luglio del 1949 quando la Rai istituì la rubrica “Italia parla alla Venezia Giulia”.
Radio Roma, che aveva interrotto le trasmissioni la notte dell’8 settembre, fu rilevata dai nazi-fascisti il 10 settembre e per 8 mesi fino al 2 giugno del ’44 una voce inneggiò ad un fascismo ormai agonizzante. Direttore era Rivelli e massima autorità Ezio Maria Gray. Oltre a tanta musica venivano trasmessi scarni notiziari nei quali si tentava di giustificare le delinquenziali malefatte fasciste. Furono i terribili mesi di via Tasso, del rastrellamento degli ebrei, dei conventi pieni di militari, di politici di ogni settore. Fu l’epoca di via Rasella ed anche l’epoca in cui molto personale dell’Eiar si era dato alla macchia. Mentre il giornale il Messaggero riportava le note di Gigi Romersa che illustravano le ipotetiche vittorie dei nazi-fascisti ad Anzio, il giornalista fascista Mario Appelius si era inventato un dialogo-duello con la voce di una pseudo radio che con lui interloquiva e, ovviamente, come da copione, aveva sempre la peggio.
L’idea era nata da un fatto reale: per due o tre sere, durante le note dell’Appelius effettivamente in onda, ossia sulla stessa lunghezza d’onda di Radio Roma, interveniva, parlando da una emittente clandestina, una voce che denunciava i misfatti fascisti. Appelius non sentiva la voce che copriva Radio Roma e ne utilizzava la potenza per la diffusione. Dopo due o tre sere la voce clandestina sparì per il rischio di essere individuata ma Appelius continuò con la farsa del falso dialogo. Non si è mai saputo con esattezza come erano state organizzate le trasmissioni reali del disturbo politico, ma si presuppone che a trasmettere fosse una emittente mobile situata nel bosco di Monte Mario oppure da una abitazione sita nei pressi del trasmettitore.
Il 4 giugno Roma venne liberata e la radio tacque e risorse solo il 6 giugno come Radio Italiana con la direzione di Rusca, giornalista partigiano. Per noi a Roma la guerra radiofonica era finita e nel mese di agosto anche Radio Firenze Libera riprese con la voce di Gomez; oltre la linea gotica la guerra, le persecuzioni e le fucilazioni continuavano.
Eravamo nell’agosto del 1944. La guerra, l’orribile e crudele guerra, doveva finire nove mesi dopo. Questa in estrema sintesi la storia della radiofonia nel periodo della Resistenza.
Dico e ribadisco “in sintesi”, perché di storie “particolari” ne esistono moltissime e sono state tralasciate per la ragione che oggi ricordarle non sarebbe di alcuna utilità; esse finiranno invece in un compendio che riguarda l’intera storia della radiofonia durante e dopo la guerra.
Nell’Italia liberata, il primo presidente della Rai, nel periodo che va dal 5 aprile del 1945 al 9 agosto del 1946, fu il professor Carlo Arturo Jemolo, un liberale cattolico molto vicino al Partito d’Azione.
Pressappoco nello stesso periodo divenne direttore generale Armando Rossini a cui seguì, nell’ottobre del 1947, Salvino Sarnesi rimasto in carica fino al 1953, di fatto il direttore che plasmò la Rai sia dal punto di vista tecnico che da quello dirigenziale.
Fu nel periodo della direzione Rossini che io entrai a collaborare con la nuova Rai Radio Italiana.
Il mio debutto radiofonico avvenne nel ’46 da Radio Lugano, che mise in onda la riduzione del romanzo di Kipling “Capitani coraggiosi”. Alla Rai venni affiancato a Jacopo Treves che in quel periodo aveva lanciato il “manifesto” della radio: si trattava di uno studio riguardante il linguaggio radiofonico. Con Treves feci la serie dei “Panorami di Stato”: iniziai con la Finlandia, la Romania e il Belgio e poi mi occupai dei piccoli Stati d’Europa.
Dalla prosa passai al servizio radiocronache e attualità e realizzai il mio primo servizio in voce, credo, nel gennaio del ‘50. Ero andato a piazza Vittorio con l’auto Artena della vecchia Eiar per la benedizione degli animali.
Storie e aneddoti sono moltissimi, ricordo qui solo il servizio sui dischi volanti fatto con Lello Bersani.
Ma ritorniamo alla storia della radio e lasciamo quella di Vertunni. Sarnesi non era un politico, proveniva dall’Iri, era semplicemente un ragioniere con la testa sulle spalle.
Dal tempo di Rossini e di Jemolo tornarono alla Rai tutti i personaggi che avevano operato sia a Radio Sardegna che a Radio Bari e a Radio Napoli: erano gli intellettuali della Resistenza che venivano a dare vita al mezzo “Radio “ con l’entusiasmo che derivava loro dalla Resistenza; tra di essi Antonio Piccone Stella, direttore del Giornale Radio e i due nuovi vice-direttori Giovanni Battista Angeletti (liberale) ed Emilio Gadda. Si costituì il Servizio Radiocronache e Attualità. Capo ne fu Vittorio Veltroni che ebbe come collaboratori: Cremascoli, Denese, Ortesi, Bersani, Martellini, Cavatorta, Saba, Marescalchi, una donna, Maria Pia Moretti, ed infine Vertunni.
Il servizio culturale era retto da Antonelli e Gigliozzi con la collaborazione di Francesco Pacca e Giorgio Pucci, poi di Cattaneo e Leo Piccioni.
Per le trasmissioni di destinazione estera ricordo Zazzetta per la Francia.
Intanto, a via Veneto, veniva realizzata Radio Roma, diretta da Gilberto Bernabei e dipendente dalla Presidenza del Consiglio, che aveva solo carattere informativo.
Nel frattempo veniva ricostituito il Centro Trasmettitore di Prato Smeraldo.
Tutto ciò all’epoca della Direzione di Salvino Sarnesi.
Nel 1961, con la presenza di Papafava e la Direzione Bernabei, la Rai accentuò il suo aspetto di quadrante politicizzato, fino ad arrivare ufficialmente ad un servizio pubblico che funzionava, come oggi, in “Servizio dei Partiti”.
Tutto ciò era previsto ai tempi di Rossini e di Jemolo, che aveva elaborato un piano per trasformare l’azienda in una cooperativa, come la Cooperativa Radio Svizzera Italiana. Rossini, esperto in cooperazione, la studiò nei particolari. Il progetto era appoggiato anche da elementi del Partito d’Azione che in quel tempo si stava sciogliendo per “merito” infausto dei democristiani e dei comunisti, ciascuno dei quali tirava tutta l’acqua al proprio mulino.
Riproposi il progetto alcuni anni fa quando tentammo di far rinascere l’idea azionista, ovvero, l’idea di “Giustizia e Libertà”, ma nessuno, dico nessuno, capì e ci ascoltò poiché oramai facevano comodo a tutti una radio ed una tv lottizzate, una radio-tv divenuta un osceno palcoscenico, ove si recita, fra il comico e il drammatico, e tra l’entusiasmo delle masse, il dramma quotidiano dell’Italia.
Questa è la storia di un aspetto della vita italiana, di un paese popolato da gente ignara della storia più recente, del fatto che ci furono molti che morirono trucidati per aver affidato ad un microfono l’appello alla Resistenza.
Ho scritto questo modesto saggio sulla radio nella Resistenza, basandomi sui miei ricordi di quando avevo 17-18 anni, sul racconto di altri partigiani di quell’epoca, su quanto letto nei vari libri e sui dati desunti da internet; ma sono convinto che molti altri episodi non sono riportati.
Prego quindi i lettori, se sono a conoscenza di altri episodi, di scrivermi (Renato Vertunni – Via Cassia Km 25.200 – 00123 Cesano - Roma), in modo che si possa ritornare sul tema.
Inoltre nei prossimi numeri parlerò della RAI al tempo di Rossini e di Jemolo.
Renato Vertunni
Associato F.I.A.P.
SOURCE AND CREDITS : https://www.letteraicompagni.it/radiofonia-di-guerra
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